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Referendum senza quorum: a Pescara ha votato uno su 3. Renzi esulta, popolo social in rivolta: 'Premier disgustoso'

Al di là del suo innegabile valore simbolico, in questo quadro perde dunque consistenza anche la larga vittoria registrata dal ‘Sì’, con 12 milioni e 788 mila elettori (pari all’86% dei votanti) che si sono pronunciati a favore dell’abrogazione della legge che prevede la concessione dei permessi di estrazione fino all’esaurimento dei giacimenti. Sono invece poco più di 2 milioni coloro che si sono espressi per il ‘No’.
Nella provincia di Pescara il dato sull’affluenza è sostanzialmente in linea con quello nazionale (33,28%), e dunque lontano dalla soglia minima. Discorso simile anche sugli esiti della consultazione, con l’86,5% dei votanti (72.900) che ha optato per il ‘Sì’, a fronte di un 13,5% (11.300) contrario all’abrogazione. L’unica regione in cui è stato registrato il superamento della soglia del 50% è la Basilicata, dove si concentrano gran parte delle attività di estrazione sul territorio italiano, mentre percentuali di affluenza decisamente basse giungono da Calabria e Trentino Alto-Adige, dove ha votato appena un elettore su quattro. In Abruzzo il dato si ferma al 35,44%, anche in questo caso con una nettissima affermazione del ‘Sì’ (88,2%).
Di fronte ad uno scenario simile, in verità già prospettato nei giorni scorsi da diversi analisti, a cantare vittoria è soprattutto il premier Matteo Renzi, che nella notte ha sparato a zero contro i sostenitori del referendum, parlando di "vittoria dei lavoratori contro l’ideologia".
Le parole del presidente del Consiglio però non sono affatto piaciute a larga parte del popolo del web e soprattutto ai tanti cittadini che hanno deciso di esercitare il loro diritto al voto. Sui social network nelle ultime ore non si contano più i commenti di persone che hanno giudicato offensive e irrispettose le dichiarazioni di Renzi. “L’esultanza di chi dovrebbe rappresentare i cittadini è inaccettabile e disgustosa – commenta Mario B. proprio sul profilo del premier -, tifare per il fallimento del referendum significa insultare la partecipazione popolare e i diritti degli italiani”.
Tanta delusione serpeggia anche nel capoluogo adriatico, dove le lunghe file mattutine per il ritiro delle tessere elettorali in Comune avevano fatto ben sperare. “Abbiamo lottato, abbiamo informato, abbiamo volantinato, abbiamo perso – sottolineano i promotori della consultazione -, vi chiediamo scusa ma vi diciamo anche grazie, perché 15 milioni di italiani sono andati a votare. Siamo certi che abbiamo combattuto questa campagna referendaria dalla parte giusta. Ma i veri perdenti – conclude la nota - sono i contribuenti italiani che, grazie al governo, hanno sprecato 300 milioni di euro per il mancato accorpamento con le amministrative”.
Delusione e polemiche anche sul fronte ambientalista, con Greenpeace che punta il dito contro il governo. “A determinare questo risultato – si legge sulla pagina Facebook del gruppo - hanno contribuito i tempi contratti della campagna referendaria, il rifiuto del governo di indire l'Election Day e una strategia politico-mediatica che a lungo ha tenuto sotto silenzio il tema del referendum sulle trivelle”.
“Non tutti hanno giocato pulito in questa partita: l’invito all’astensione venuto dal governo rimane una brutta pagina nella storia della nostra democrazia”, commenta Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace. “Crediamo che Renzi e il suo governo dovrebbero invece ascoltare il segnale che viene dalle urne. Hanno votato, infatti, circa 15 milioni di italiani, quasi il doppio di quanti votarono nel 2013 per il PD e - come emerge dai primi dati - in maniera massiccia contro le trivelle. Parliamo dunque di una maggioranza nettissima rispetto al voto che ancor oggi legittima la premiership di Renzi”.
Nonostante l’esito del referendum e le esultanze del premier però la partita non è ancora chiusa: “La norma che assegna ai petrolieri concessioni senza una precisa scadenza – scrivono ancora gli attivisti di Greenpeace - infatti viola lo spirito e la lettera della Direttiva 94/22/CE, recepita dall'Italia con D.Lgsl. 625/96, secondo la quale ‘l'estensione delle aree costituenti oggetto di autorizzazioni e la durata di quest'ultime devono essere limitate’. Ci apprestiamo quindi a inviare un atto di denuncia alla Commissione europea per segnalare questa e altre violazioni che denotano sistematici aggiustamenti delle norme e dei principi del Diritto comunitario a favore degli interessi dei petrolieri”.

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